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I SIGNORI DELLO SPAZIO - NOVITA'




L’ultima frontiera nella competizione strategico-militare delle superpotenze
Gabriele Garibaldi
Arianna Editrice - giugno 2007
Pagine 150 - euro 10,90
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L'amministrazione Bush ha approvato il 31 agosto 2006 la nuova "Politica Spaziale Nazionale degli Stati Uniti", che va a sostituire quella varata da Clinton nel 1996. Il nuovo documento è caratterizzato da una linea più dura, in quanto enuncia la volontà di negare agli avversari l'accesso allo spazio, nel caso questi siano ritenuti avere intenzioni "ostili agli interessi degli Stati Uniti". Le dieci pagine declassificate del documento, contenenti le linee guida e gli obiettivi della nuova politica, non proclamano l'armamento dello spazio, ma lasciano aperta la porta all'attuazione delle richieste in tal senso formulate nel corso degli ultimi dieci anni dagli strateghi militari, i quali hanno trovato dal 2001 nel Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld il loro principale sostenitore.

La Cina è al centro delle preoccupazioni di quest'ultimi, quale sfidante più accreditato del monopolio spaziale statunitense. Per impedirne l’ascesa a "minaccia" effettiva della sicurezza degli "assets" spaziali civili e militari – vero architrave della superiorità militare terrestre degli USA, e fondamento dei piani di "Full Spectrum Dominance"- gli Stati Uniti non escludono la possibilità di procedere all'armamento preventivo dello spazio, dando per scontata la stessa volontà da parte della Cina – sebbene Pechino da tempo chieda in sede ONU un trattato internazionale per la messa al bando delle armi nello spazio, al quale Washington si è ripetutamente sottratta.

Se con la nuova "Politica Spaziale Nazionale" gli USA hanno mostrato i muscoli, la Cina ha fatto altrettanto con l'abbattimento di un proprio satellite meteorologico fuori-uso l'undici gennaio 2007. La sfida lanciata dagli USA ai propri "peer competitors" è stata così raccolta dalla Cina, con un'azione che rafforzerà le ragioni dei "falchi" del Pentagono e può molto verosimilmente innescare una corsa all'armamento dello spazio destinata a segnare il nuovo secolo.

Questo libro ha il merito di trattare per primo in Italia – attingendo a documenti strategici e studi di settore statunitensi e cinesi - una problematica che non riguarda solo gli Stati Uniti e la Cina, ma ha implicazioni globali per il rischio di escalation della tensione (anche nucleare) che l'armamento dello spazio porta con sé.

"Gli Stati Uniti preserveranno i propri diritti, capacità e libertà d'azione nello spazio; ... e negheranno, se necessario, agli avversari l'uso di capacità spaziali ostili agli interessi nazionali statunitensi... In questo nuovo secolo, coloro i quali sanno sfruttare pienamente lo spazio godranno di ulteriore prosperità e sicurezza, e deterranno un vantaggio sostanziale su quelli che non sono in questa posizione. La libertà di azione nello spazio è tanto importante per gli Stati Uniti quanto lo è il potere aereo e marittimo" [U.S. National Space Policy, 31 agosto 2006]

Gabriele Garibaldi (1976) laureato in scienze politiche, scrive di politica internazionale come giornalista freelance. I suoi articoli sulla questione dell'armamento dello spazio sono apparsi sulle riviste Aspenia, Giano, Limes, Diario.

DAL CONSAPEVOLE N.10
L’Aquila e l’Ombra Cinese
USA e Cina alla conquista militare dello spazio
Gabriele Garibaldi

Lo spazio in armi
Ciò che emerge in modo incontestabile nella nuova politica, è il definitivo “arruolamento” dello spazio nella macchina bellica statunitense. Se dal tempo dello Sputnik lo spazio ha fatto il suo ingresso nella sfera militare, oggi i militari statunitensi auspicano una vigorosa accelerazione nello sfruttamento delle sue potenzialità belliche, come nuovo “medium” strategico ed esclusivo “attraverso e dal quale” proiettare globalmente la propria forza militare, cioè implementare quella “Full Spectrum Dominance” intesa come capacità di proiezione militare globale di velocità e potenza soverchiante per qualsiasi avversario. Nella nuova “policy” tutto questo è riassunto, in tono minore, in: «In questo nuovo secolo, coloro i quali sanno sfruttare pienamente lo spazio godranno di ulteriore prosperità e sicurezza, e deterranno un vantaggio sostanziale su quelli che non sono in questa posizione. La libertà di azione nello spazio è tanto importante per gli Stati Uniti quanto lo è il potere aereo e marittimo».
Dal passaggio precedente discende il rigetto da parte degli Stati Uniti di qualsiasi nuovo trattato mirato a proibire il dispiegamento di armi nello spazio: «Gli Stati Uniti si opporranno allo sviluppo di nuovi regimi legali o altre restrizioni che cerchino di proibire o limitare l’accesso o l’uso dello spazio da parte degli Stati Uniti». La difesa del proprio apparato (“assets”) spaziale, del resto, implica, secondo quanto elaborato in vari studi di settore, la predisposizione di strumenti di controllo e difesa – e la difesa può anche spingersi al limite dell’offesa.
L’amministrazione statunitense ha voluto assicurare che la nuova politica non è un primo passo verso l’armamento (“weaponization”) dello spazio. «Non si tratta di un cambiamento di politica. La nozione della difesa dallo spazio è differente dall’armamento dello spazio», ha risposto Tony Snow, portavoce della Casa Bianca, alle domande dei giornalisti. Gli esperti della materia esprimono però riserve e preoccupazione: «Mentre questa politica non dice esplicitamente che abbatteremo satelliti o dispiegheremo armi nello spazio, mi sembra, in realtà, che essa apra la porta a questo sviluppo», così Theresa Hitchens, direttrice del Center for Defense Information (CDI) di Washington, ha dichiarato alla France Presse.
Allo stato attuale delle cose, è possibile che l’amministrazione Bush non sia disponibile a soddisfare le richieste di quanti chiedono l’effettivo armamento dello spazio. Questa ipotesi è, però, tutt’altro che campata in aria, dato che tutta una serie di documenti militari esprimono chiaramente l’interesse per la sua attuazione, e già si registrano segnali in questo senso.
Risale a pochi mesi prima del varo della nuova politica spaziale la denuncia da parte di ricercatori americani della volontà del Pentagono di attuare di soppiatto i concetti elaborati dall’US Space Command, cioè di muovere i primi passi verso il dispiegamento nello spazio di sistemi d’arma. Secondo un’analisi congiunta del Center for Defense Information e dell’Henry L. Stimson Center, il documento con il quale il Pentagono ha richiesto i fondi per il 2007 – Pentagon’s Fiscal Year 2007 (FY 07) – ha stanziato circa un miliardo di dollari per programmi che potrebbero sviluppare capacità tecnologiche “a doppio uso”, impiegabili nel settore delle armi spaziali. Theresa Hitchens e Victoria Samson, analiste del citato CDI, e Michael Katz-Hyman, ricercatore dell’Henry L. Stimson Center, hanno spulciato le richieste di budget presentate dalla Air Force e dalla Missile Defense Agency, ed hanno evidenziato programmi che meritano ulteriori analisi sotto il profilo del loro “doppio uso”.
L’introduzione di tecnologia “duale” potrebbe rientrare in una strategia di passaggio graduale verso un vero e proprio armamento dello spazio – una possibilità, come detto, che gli Usa non vogliono negarsi a priori. Negli anni scorsi, varie nazioni, tra le quali la Cina, hanno chiesto, nell’ambito delle Nazioni Unite, l’apertura di negoziati finalizzati alla produzione di un trattato per il bando delle armi nello spazio, al fine di rafforzare quell’Outer Space Treaty del 1967 (documento che proibisce il dispiegamento nello spazio di armi nucleari e altre armi di distruzione di massa) che, dopo la denuncia da parte di Washington dell’Anti-Ballistic Missiles Treaty, sta dando preoccupanti segnali di crisi. Ma gli Usa si sono regolarmente astenuti nelle votazioni all’Onu su tale questione, e, infine, nell’ottobre 2005, hanno votato esplicitamente contro una risoluzione che chiedeva il bando delle armi nello spazio.
Questa linea degli Stati Uniti sta suscitando l’apprensione della Cina, refrattaria all’idea di poter vedere la propria capacità di accesso e uso dello spazio subordinata al consenso di Washington. Ma la posizione della Cina è condivisa anche da altri Paesi, tra i quali il Canada.
In sostanza la nuova politica spaziale USA segna un significativo scostamento da quella di dieci anni fa, ed equivale alla trasposizione nello spazio della National Security Strategy del settembre 2002: gli Stati Uniti non sono disposti a permettere l’affermazione di nuove potenze antagoniste e ad assistere passivamente all’erosione del loro status di solitaria superpotenza militare.
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INDICE
Prologo
LE MANI SULLO SPAZIO
Lo US Space Command e i piani di "Full Spectrum Dominance"
Il "Transformation Flight Plan"
"L'alba di una seconda era spaziale"
I nuovi compiti dell'US Strategic Command
Il modello marittimo per una teoria strategica dello spazio
La nuova Politica Spaziale Nazionale di Bush
L'ASCESA DEL DRAGONE
Il "Vascello Divino"e il primo "taikonauta" della storia cinese
Pechino, il miglior alleato del progetto Galileo
La percezione statunitense del programma spaziale cinese
… e viceversa. Lo "shashoujian"
I piani spaziali cinesi e lo scenario taiwanese
I piani lunari cinesi e le ansie americane
"Negare lo spazio ad altri", l'ultima carta per arrestare la Cina
APPENDICE
LA NUOVA "POLITICA SPAZIALE NAZIONALE" DI BUSH

Il commento del prof. Cassese alla nuova politica spaziale statunitense
2010, l'altra odissea nello spazio
2010, scenario 1: la vulnearabilità Usa agli ASAT altrui. Il caso nordcoreano
2010, scenario 2: azione preventiva nella crisi dello Stretto di Taiwan
2010, scenario 3: Russia e Cina innalzano i livelli di allerta nucleare
2010, scenario 4: guerra nucleare accidentale
2010, scenario 5: guerra spaziale tra India e Pakistan

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