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Viaggio nei luoghi sacri degli Indiani

Due itinerari in Canada per conoscere da vicino una delle culture-simbolo dei nativi americani: i Blackfoot o Piedi Neri

Marco Massignan - 07/11/2012




Writing-On-Stone Provincial Park (Aisinaihpi) Lasciando la città di Calgary, in Alberta, Canada, e dirigendosi verso sud, dopo pochi chilometri ci si accorge d’un tratto di essere nella prateria – abbandonati gli ultimi sobborghi, il cielo assume subito una dimensione preponderante, prepotente, vastissima: sono le Grandi Pianure, culturalmente rappresentate in quest’area da tribù di gruppi linguistici differenti: i Piedi Neri (algonchini, suddivisi in Siksika o Blackfoot veri e propri, Blood e Peigan), gli Stoney-Nakota (di lingua siouan) e gli Tsuu T’ina o Sarsi (lingua athapascan). Oggi, in realtà, il paesaggio è piuttosto mutato, dato che l’erba alta della prateria è stata quasi ovunque sostituita dalle monoculture estensive delle fattorie che producono soprattutto erba medica; ma esistono ancora luoghi perfettamente conservati, che continuano a essere utilizzati dagli Indiani come luoghi di ritiro spirituale e di potere. Uno di questi è il Writing-On-Stone Provincial Park, poco a Nord del confine con lo Stato americano del Montana. 

Per i Blackfoot questo è uno dei tre luoghi sacri principali, e costituisce uno dei punti di massima importanza in quella che è una vera e propria geografia sacra, comune alla concezione del territorio presente presso tutti i popoli tribali. Writing-On- Stone (in lingua indiana Aisinaihpi, “Dove ci sono i Disegni”) deve il suo nome alle migliaia di incisioni rupestri e pittografie qui lasciate dagli Indiani a partire, pare, da 5000 anni fa. Quest’ampia vallata verde intagliata nel bel mezzo della prateria ha attratto per millenni gruppi di cacciatori nomadi, che qui si accampavano sulle rive del fiume, tra i boschi di pioppi e i cespugli di more, per raccogliere frutta selvatica, cacciare e sfuggire al caldo inesorabile estivo e al gelo invernale dell’ambiente della prateria. E questo ambiente, delimitato da ripide rupi di arenaria e da stranissime formazioni rocciose dette hoodoo, è sempre stato dimora di potenti spiriti di cui si poteva guadagnare il favore pregando e sacrificandosi. Ecco quindi il motivo delle incisioni rupestri, che nel periodo storico più recente sono da attribuirsi principalmente ai Blackfoot, anche se spedizioni di guerra e di caccia di altre tribù (Shoshone, Cree, Gros Ventre, Assiniboine, Crow, Kutenai) si spinsero ripetutamente fin qui lasciando testimonianza del proprio passaggio.

popoli di lingua blackfoot credono che il mondo venne creato da Napi, il Vecchio, e la vallata del Milk River non è che una delle tante cose che egli fece ai vecchi tempi, viaggiando nelle praterie dopo essere sceso dalle Montagne Rocciose. Man mano che procedette, Napi plasmò il paesaggio e pose sul terreno piante e animali. Quindi egli insegnò ai primi uomini come usare le cose che aveva creato: cibo, abiti, strumenti, medicine. Tutto veniva fornito dalla terra. 

A Writing-On-Stone, il mondo è rimasto in gran parte così come Napi l’ha creato. Dal punto in cui vi è la più alta concentrazione di iscrizioni si gode di una vista privilegiata sulle Sweetgrass Hills (Kàtoyissiksi), un’altra delle creazioni di Napi, un massiccio montuoso che supera i 2000 metri e che domina le praterie circostanti per molti chilometri, da cui i Nativi avvistavano le mandrie di bisonti e su cui effettuavano la ricerca della visione. Il fatto che oggi le Sweetgrass Hills si trovino dall’altra parte del confine USA-Canada, nello Stato del Montana, dimostra quanto la linea di confine sia stata tracciata arbitrariamente, spezzando in due un mondo che per i Nativi continua a essere una cosa sola a livello culturale e spirituale.

Head-Smashed-In Buffalo Jump 

Un altro dei luoghi-simbolo della cultura delle praterie settentrionali è costituito dallo Head-Smashed- In Buffalo Jump, nei pressi di Fort MacLeod, sempre in Alberta meridionale. Questo era uno dei tanti luoghi in cui i nativi cacciavano da sempre il bisonte provocando la caduta di intere mandrie da rupi scoscese, prima dell’arrivo del cavallo e delle armi da fuoco che resero la caccia molto più agevole. Questo “salto del bisonte” si chiama Head-Smashed-In in quanto la leggenda narra che un giorno un ragazzo si allontanò dall’accampamento e si pose direttamente sotto le rupi, al riparo delle pareti di roccia, per vedere i bisonti cadere dall’alto. La caccia fu insolitamente buona quel giorno, e le carcasse dei bisonti si ammassarono in tal numero che ben presto finirono per schiacciare l’imprudente ragazzo. Lo trovarono con la testa schiacciata dal peso degli animali (Head-Smashed-In = Testa Schiacciata In Dentro). 

Poi arrivarono i primi commercianti bianchi, e con loro fucili e cavalli. In quelle vaste pianure che un tempo venivano ricoperte da milioni e milioni di quei grossi animali pelosi, nel 1880 non c’era più un bisonte, sterminato spesso per divertimento o per la lingua, piatto prelibato degli Europei, mentre il resto della carcassa veniva lasciato a marcire. La disfatta del bisonte fu anche il modo principale per costringere alla resa le fiere nazioni delle Pianure. 

Lo Head-Smashed-In Buffalo Jump, il luogo in cui per oltre 5000 anni diversi gruppi tribali avevano cacciato l’animale al centro della loro cultura e della loro alimentazione, divenne un posto isolato e privo di significato. Gli estrattori di ossa di bisonte1, che in pochi anni saccheggiarono moltissimi altri siti per rifornire l’industria americana, rimasero fortunatamente lontani da questo luogo, soprattutto perché si trovava distante dalle ferrovie e dalle piste più battute. Soltanto pochi decenni fa, gli archeologi cominciarono a interessarsi di quella che è una vera e propria miniera di materiale accumulatosi nei millenni (diversi metri di resti di ossa, utensili, accampamenti), e anche con la collaborazione della gente della vicina riserva dei Peigan, si giunse alla creazione dello Head-Smashed-In Buffalo Jump Interpretive Centre, che l’UNESCO ha dichiarato qualche anno fa Patrimonio dell’Umanità. 

Oggi, sotto molti aspetti, questo luogo è molto più di un museo con tecnologie all’avanguardia, un teatro con 80 posti a sedere, ricostruzioni ed eventi. Si tratta di un centro interpretativo, dove il visitatore viene condotto a rivivere, per quanto possibile, la cultura di quei tempi: guide native spiegano l’utilizzo degli utensili, vengono organizzati eventi culturali come pow wow (riunioni di danze sociali intertribali) e giornate per ragazzi. Sopra ogni altra cosa, questo centro ha fatto da capofila per una nuova concezione museale, che abbina tecnologia e modernità al rispetto per le culture e le lingue native, stabilendo un precedente per molti altri esempi successivi. La stessa costruzione del centro, incassata com’è nel fianco della rupe e per la gran parte sotterranea, incide il minimo possibile nell’ambiente circostante, ancora selvaggio e solitario. 

Salendo in cima alla rupe, all’ultimo piano del centro, si accede a un percorso esterno che conduce al salto dei bisonti vero e proprio: il vento e l’erba fluttuante, la vista che giunge lontanissimo, il silenzio riportano ai tempi in cui i bisonti vagavano liberi nella prateria, quando la caccia era un rituale sacro da cui dipendeva la vita e non uno stupido divertimento della domenica. 

Nota 1) Le ossa di bisonte erano richiestissime, soprattutto per la produzione della colla. 

 

Approfondimenti

Per maggiori informazioni sulle attività che si organizzano in estate a Writing-On-Stone contattare:

Writing-On-Stone Provincial Park (Aisinaihpi)

Box 297, Milk River

Alberta T0K 1M0, Canada

Tel. 403-647-2364

Sito: http://albertaparks.ca/writing-onstone.aspx

Per info e contatti sull’Head-Smashed- In Buffalo Jump:

Head-Smashed-In Buffalo Jump

Box 1977, Fort Macleod

Alberta T0L 0Z0, Canada

Tel. 403-553-2731

sito: http://history.alberta.ca/headsmashedin/default.aspx

 

 

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 30


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Categorie: Ecologia e Localismo







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