Suolo, Essere Vivente
È nel suolo (vitale) che si compiono la gran parte di reazioni che consentono la degradazione delle sostanze organiche. La funzione di filtro del suolo è indispensabile al mantenimento delle condizioni di pulizia che consentono la vita.
Associazione Basilico - 17/05/2010
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«L’agricoltore simbionte (non importa se persona singola, o gruppo familiare, oppure una collettività agricola) attende al respiro di ogni organismo che gli è intorno. [...] Anche il suolo è un membro della comunità che ha bisogno di essere interpretato non meno degli animali e delle piante, ha bisogno di cure amorevoli e intelligenti per farsi fertile dispensatore di raccolti. L’agricoltore simbionte intuisce che tutto, nell’azienda, dipende in primo luogo da questo substrato informe e immobile, il quale pure cela facoltà miracolose, risorse impensate, una vitalità arcana e fragile; e l’uomo si da dà fare anzitutto, e quasi dimentico delle proprie privazioni, per rinvigorire il terreno, per renderlo sano e fecondo prima ancora di pensare a se stesso»
(Giovanni Haussmann, La terra come placenta, Libreria Editrice Fiorentina, 2005).
L’immagine creata da questo scienziato del suolo “pedologo umanista” (come era stato definito) rende meglio di mille parole il nostro pensiero sull'atteggiamento che sarebbe opportuno tenere nei confronti di ciò che tutti i giorni (letteralmente) ci sostiene.
La parola suolo è strettamente legata alla nostra vita quotidiana.
Se vivete in un bosco camminate sicuramente su qualcosa di molto diverso rispetto a se vivete in una periferia cittadina, o una zona industriale, o un vigneto. Gli ecologi (ma anche i contadini “simbionti”, ovvero quei contadini che vivono in armonia con la terra in modo che entrambi i soggetti traggano vantaggio reciproco dalla convivenza) sanno che nel suolo avvengono processi fondamentali, che definire vitali non è per nulla esagerato.
Dallo sfruttamento alla cura
«Da un punto di vista eco sistemico – scrive Cristina Menta nel suo libro Guida alla conoscenza e della biologia e dell’ecologia del suolo – (uomo compreso) al suolo vengono attribuite convenzionalmente cinque funzioni fondamentali: supporto alla vita delle piante; regolazione del ciclo dell’acqua; trasformazione e decomposizione della sostanza organica; riserva di biodiversità; supporto fisico alle infrastrutture antropiche».
Dietro a questa definizione si nascondono processi che da sempre ci garantiscono condizioni di vita biologica, ma anche sociale, prospere e/o disperate.
Si parla molto del fatto che una delle grandi emergenze ambientali mondiali riguarda il suolo, ma il parlarne non rappresenta di per se la soluzione. Rendersi “simbionti con il suolo, (non importa se persona singola o gruppo familiare, oppure una collettività agricola)” è la soluzione più praticabile.
Forse questa affermazione può sembrare perentoria, ma le soluzioni agronomo/tecnico/ ingegneristiche che prevedono interventi, anche di grandi dimensioni, scontano il limite di non considerare la lentezza dei processi biologici che avvengono in questo ecosistema. I processi biologici del suolo sono processi
lenti, che hanno bisogno più di ogni altro evento di condizioni di stabilità, e quindi di azioni (o anche “non azioni”) delicate e protratte nel tempo.
Rendersi simbionte significa capire che l’interazione che dovremmo avere con il suolo deve riconoscere e proteggere questo superorgansimo e stabilire un rapporto di cura e non di (scellerato) sfruttamento.
Molte pratiche con impatto positivo possono essere effettuate nei confronti del suolo, alcune dirette, e altre indirette, legate cioè al nostro stile di vita. Le pratiche dirette che chi è responsabile (proprietà o uso) di una porzione di suolo può adottare per rendersi simbionte con esso sono tutto sommato semplici – almeno da comprendere – una volta che si sia “interiorizzato” che il suolo è un organismo vivo, complesso, apparentemente invisibile agli occhi nei suoi attori, ma i cui segnali di disagio e di benessere possono essere visti da tutti, basta indirizzare lo sguardo.
Piante e suolo: un tutt’uno inscindibile
Mentre scriviamo (2009 Ndr) sentiamo che in Calabria stanno franando colline: si vedono immagini riprese dall’alto, perché da terra non è nemmeno possibile circoscrivere con lo sguardo le dimensioni della frana. Calabria, Sicilia, Puglia, Sardegna, vengono considerate regioni a rischio desertificazione.
Senza piante, senza copertura, il suolo perde la sua capacità vitale e la sua coerenza strutturale perché piante e suolo sono un tutt’uno, scindibile solo
teoricamente e/o in condizioni artificiali, agronomicamente e tecnologicamente create.
Le piante sono la fonte di energia che consente a tutti gli organismi del suolo di vivere e di svolgere tutte quelle funzioni chimico biologiche e meccaniche che rendono quest’ultimo un qualcosa di molto diverso da un ammasso di roccia finemente triturata.
Con le loro radici formano uno scheletro solido e forte su cui il suolo si ancora.
Sempre con le radici riforniscono gli organismi di cibo e ossigeno fino in profondità, ricevendone in cambio sali minerali e acqua con i quali effettuare la sintesi di nuova sostanza organica.
Con le parti morte le radici coprono il suolo, rifornendo di cibo anche gli organismi in superficie: cibo che essi degraderanno, per rendere disponibili ad
un nuovo ciclo le sostanze minerali ivi contenute.
Di fatto,la capacità del suolo di svolgere le sue funzioni ecologiche dipende dalla quantità e dalla qualità della sostanza organica che esso contiene, e dalla sua organizzazione in una struttura.
La pacciamatura
Tutte le azioni che possiamo compiere per aumentare la sostanza organica nel terreno sono positive, e aumentano la stabilità e la funzionalità del suolo.
La semplice pratica della pacciamatura (cioè la copertura con materiale organico del suolo nudo) ha nel tempo notevoli effetti positivi.
I suoli naturali, di fatto, sono sempre coperti da sostanza organica viva (piante) o morta (lettiera), ed è questa “pelle” che consente alla miriade di invisibili organismi che vivono nel suolo di svolgere la loro vita e compiere quelle funzioni che gli consentono di essere quell’ecosistema incredibilmente complesso che è. Senza copertura il suolo diventa deserto.
C’è un detto che rende bene l’idea: «un deserto non è un luogo senza acqua, è un luogo senza alberi». La copertura vegetale e la sostanza organica del suolo sono fondamentali nella regolazione quantitativa e qualitativa del ciclo dell’acqua.
Le sostanze umiche (l’humus) possono assorbire acqua fino a quattro volte il loro peso. «La capacità di ritenzione idrica del suolo – continua Cristina Menta nel suo libro – può avere ripercussioni molto importanti sul bilancio idrico e sulla regolazione dei deflussi dei bacini idrografici.
È sufficiente pensare che una riduzione del 10% della capacità di ritenzione idrica, riferita ad un bacino di 1.000 chilometri quadrati, comporta un incremento dei deflussi di piena di 100.000 metri cubi per ogni millimetro di pioggia».
Questo dato dovrebbe farci riflettere quando ci troviamo di fronte ad alluvioni o siccità, che possiamo definire come le due facce della stessa medaglia.
Va anche detto che i microscopici organismi del suolo sono sì microscopici in dimensione, ma possono essere definiti dei giganti in quanto a capacità di trasformazioni chimico-biologiche.
È nel suolo (vitale) che si compiono la gran parte di reazioni che consentono la degradazione delle sostanze organiche, anche quelle che favoriscono la pulizia dagli agenti inquinanti.
La funzione di filtro del suolo è indispensabile al mantenimento delle condizioni di pulizia che consentono la vita.
Piante e suolo sono gli agenti filtranti di aria e acqua: alla loro vitalità è affidata la salute della biosfera e il freno all’azione distruttrice dell'uomo.
Gli ottimisti pensano che gli organismi del suolo saranno in grado di degradare qualsiasi schifezza prodotta e dispersa dall’uomo (tranne le scorie radioattive), a patto che abbiano il tempo a disposizione per farlo (1.000? 100.000 anni?): sempre che nel frattempo non siano stati sterminati.
Realisticamente, incrementando la vitalità del suolo e rendendosi simbionti, si incrementa la capacità di depurazione della biosfera: questa è in sé un’azione positiva che può essere fatta, e che quindi è giusto fare.
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