Ottimista, pessimista o consapevole?
Ecco come il modo in cui affrontiamo la vita influenza i risultati che otteniamo
Fabrizio Cotza - 17/05/2013
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Spesso si parla di approccio ottimista o pessimista alla vita, notando come questo crei effetti notevoli nei risultati che poi otteniamo.
Generalmente il pessimista è quello che vede tutto nero, che non ripone molta speranza nel futuro, che è convinto, quindi, che le cose andranno sempre peggio. Viceversa l’ottimista è visto come colui che ha la certezza che il futuro sarà roseo o comunque migliore del passato e del presente, e che pertanto affronta la vita in maniera più positiva.
Questa superficiale distinzione ha però portato a pericolose distorsioni; in realtà dovremmo aggiungere a questi due approcci un ulteriore elemento, che modifica enormemente l’atteggiamento della persona e soprattutto crea effetti radicalmente diversi: questo elemento è la consapevolezza.
Potremmo così avere quattro, e non due, tipologie di approccio alla vita:
- pessimista inconsapevole;
- ottimista inconsapevole;
- pessimista consapevole;
- ottimista consapevole.
Il pessimista inconsapevole
È facilmente riconoscibile perché il suo pessimismo non nasce da motivi concreti, ma da una generica e infondata certezza: che comunque le cose andranno male. Quando però gli viene chiesto il motivo non fa che parlare per luoghi comuni: i politici ladri, le nuove generazioni sfaticate, la concorrenza sleale dei cinesi ecc.
Ma la vera caratteristica di queste persone è che tendono ad avere un pessimismo passivo, a cui non segue nessuna azione o strategia concreta. Attendono che questo futuro cupo e nero li raggiunga e li divori, convinti che tanto non c’è nulla da fare.
L’ottimista inconsapevole
All’opposto del pessimista inconsapevole, l’ottimista inconsapevole è il frutto di un filone molto in voga ultimamente, che ritiene che basti “pensare positivo” per far andare bene le cose.
Questo soggetto ha recepito la parte più superficiale di questo messaggio (che non è sbagliato di per sé) e lo applica così come fa il pessimista inconsapevole: ovvero attendendo che “l’universo” o qualche altra forza soprannaturale risolva per il meglio le cose per lui.
Queste persone sono piuttosto pericolose, perché hanno perso ogni contatto con la realtà e, sebbene la loro vita vada spesso a rotoli, continuano comunque ad aspettare questo meraviglioso futuro, che sicuramente nella loro testa è prossimo a venire. Nei casi più gravi ci sono anche gli inetti che però sono stati convinti da qualche guru di essere in grado di fare tutto e di poter diventare ricchissimi senza sforzo, basta che lo “vogliano” e che riescano a “visualizzarlo”.
A queste due categorie si aggiungono, molto meno diffuse, le altre due.
Il pessimista consapevole
Di solito è una persona molto informata e ha fatto un proprio percorso personale che gli ha permesso di vedere le cose (e le persone) per quello che sono. Sulla base di questo è arrivato alla conclusione che il progresso in realtà è un bluff e che gran parte dell’umanità in realtà è addormentata.
Questa presa di coscienza gli fa vedere il futuro in maniera pessimistica, perché è convinto che questo status quo sia funzionale e che conviene lasciare che le persone rimangano inconsapevoli per poterle, in questo modo, rendere più ammaestrabili.
A differenza del pessimista inconsapevole, il pessimista consapevole si crea una sua nicchia, o un suo micro mondo, in cui riesce a vivere comunque bene e in serenità con se stesso e con le persone che lo circondano. Ma sa che questa condizione non potrà mai essere estesa a tutta l’umanità.
L’ottimista consapevole
A prima vista potrebbe apparire come un pessimista, poiché vede e denuncia tutte le storture che lo circondano. Questo suo atteggiamento spesso viene addirittura additato dagli ottimisti inconsapevoli come “disfattista”.
In effetti è una persona che rompe gli schemi, che va oltre i luoghi comuni, che si contrappone al qualunquismo. E lo fa ricercando costantemente i fatti e le prove di ciò che afferma, anche quando questo va contro l’opinione pubblica. E lo fa perché in lui c’è ancora la speranza che le persone, scoperta la verità, possano agire diversamente e prendere in mano la propria vita. Questa visione del mondo, sebbene lo porti a vederne le storture e ad anticiparne le conseguenze (non sempre positive), gli permette di compiere comunque delle azioni che lo portano a un futuro migliore.
La sua caratteristica più evidente è proprio la sua “proattività” ovvero la tendenza a prendersi la sua parte di responsabilità in ciò che non va attorno a lui, piuttosto che delegarla agli altri, al caso o a qualche evento del passato o del futuro.
Cerchiamo di comprendere con quali di questi quattro atteggiamenti affrontiamo la vita e questo ci darà risposte più consapevoli sui risultati che stiamo ottenendo per noi e per chi ci circonda.
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Articolo tratto dalla rivista nr. 32
Categorie: Crescita Personale
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