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Osteopatia: la tecnica che riequilibra il corpo

I princìpi base di una Medicina olistica adatta a tutte le età

Alessandro Verni - 23/08/2013




Le basi dell’Osteopatia sono state gettate nel 1874 dal medico americano Andrew Taylor Still, il quale ha inserito in questa nuova Medicina olistica una serie di concetti, nozioni e princìpi che risultano tutt’ora validi e sono senza ombra di dubbio dei capisaldi, inserendosi perfettamente nella filosofia dell’attuale disciplina. Grazie alla continua e assidua ricerca, l’Osteopatia ha ottenuto frutti concreti in campo terapeutico per il benessere psico-fisico ed energetico della persona.

La professione osteopatica è orientata essenzialmente verso la persona e in questi 140 anni di esistenza si è sviluppata migliorando ed estendendo i suoi procedimenti di valutazione e trattamento, che sono fondati su 3 concetti e princìpi di base: 

  1. Il riconoscimento di un’unità dinamica del corpo umano; 
  2. La struttura governa la funzione e la funzione crea la struttura; 
  3. La guarigione deriva da modifiche interne specifiche della persona. 

 

L’unità del corpo è la base della concezione osteopatica, che comprende la struttura, l’emozione e la spiritualità trascendentale attiva e pensante; quindi il corpo è un’unità biologica, le cui parti formano un tutto che va ben oltre la semplice aggregazione delle singole parti. Inoltre questa unità è strettamente correlata all’ambiente, ai rapporti interpersonali e all’universo: la sofferenza del paziente genera una scissione o alienazione del legame con l’ambiente, mentre una unità biologica in buona salute ritrova l’armonia e la possibilità di interazione.

Questa unità dinamica si esplica attraverso il secondo principio: il mantenimento di una buona struttura per avere una buona funzione al fine di garantire la funzionalità del sistema nervoso e circolatorio, poiché essi assicurano la comunicazione interdipendente dell’intero organismo: uno comanda e l’altro nutre, sebbene uno comandi anche la nutrizione e l’altro nutra anche il comando. 

L’Osteopatia non ha altra pretesa che quella di eliminare gli ostacoli meccanici, strutturali alle vie di comunicazione liquide e nervose. L’osteopata sa intervenire su tutti i tessuti dell’intelaiatura per consentire la comunicazione ottimale tra i sistemi; egli opera per lasciare le vie libere dalle tensioni, compressioni o alterazioni meccaniche. 

La relazione tra struttura e funzione è in realtà tra struttura e vie di comunicazione, infatti se un vaso sanguigno è compresso da una restrizione meccanica, il sangue può irrorare meno bene un nervo, il quale a sua volta porterà meno bene i messaggi e gli organi recettori dei messaggi non avranno la possibilità di svolgere la loro funzione di attivatori o controllori del sistema.

A questo punto entra in gioco il terzo principio dell’Osteopatia: nella misura del funzionamento perturbato, il sistema attiverà dei meccanismi di segnalazione e autoregolazione che possono spesso dare origine a compensi e adattamenti finché non s’interviene per risolverli. Il perpetuarsi e il concatenarsi degli effetti negativi generano delle disfunzioni che sfociano in schemi patologici che troppo spesso vengono etichettati come “senza causa”.

L’Osteopatia cerca di risalire alla causa e, una volta eliminati gli ostacoli strutturali alle vie di comunicazione, confida nella capacità di ognuno di noi di trovare i propri rimedi. Noi non aggiungiamo né togliamo nulla alla “farmacia di Dio”, semplicemente ne sgombriamo l’accesso.

La possibilità di autoguarigione del corpo è uno dei 3 aspetti che intervengono nella capacità di lottare contro vari stati morbosi. Quindi autoregolazione, autodifesa e autoguarigione sono imputati a preservare o a riportare l’equilibrio a vari livelli, dove l’autoregolazione è la condizione stessa della stabilità in un ambiente mutevole (capacità di adattamento al cambiamento sempre più frenetico di ciò che ci circonda e dei ritmi della nostra vita), l’autodifesa è la tendenza a combattere l’aggressività dell’ambiente, e l’autoguarigione ristabilisce lo stato di salute laddove l’autodifesa è stata sopraffatta.

Pertanto questa unità dinamica biologica modifica il proprio funzionamento per garantire la stabilità necessaria alla vita, compensando alle mancanze, organizzandosi nella carenza ed eliminando i diversi impedimenti. Il principio che la guida è cambiare per mantenere tutto uguale. 

Una disciplina per tutti

Lo scopo dell’Osteopatia non è curare una patologia, ma una persona sofferente su tutti i piani della sua esistenza: s’integra molto bene con le cure mediche allopatiche (non ne è a priori un pregiudizievole antagonista) e si propone in modo estremamente soddisfacente nelle disfunzioni dove la morfologia della struttura abbia conservato la capacità di reversibilità o di cambiamento, sia che sia causato da un evento post-traumatico, post-chirurgico, posturale o somatoemozionale.

Da tutto ciò si evince che l’osteopata inizia con il trattare i neonati – dai problemi posizionali intrauterini o durante il parto – (non dimentichiamo, infatti, che il parto è forse il trauma più intenso in condizioni naturali che tutti abbiamo affrontato); e ancor prima può portare beneficio alle donne gravide e nel periodo del post-parto. Grande rilievo al trattamento osteopatico è rivolto ai bambini nelle varie fasi di sviluppo (processo evolutivo della struttura, della colonna vertebrale o anche dell’apparato ortodontico e craniofacciale, oltre a quello cognitivo). Molto interessante è l’intervento sugli sportivi, sull’adulto in generale e non meno importante nella terza e quarta età (proprio per il fatto che utilizzando tecniche fasciali, quindi dolci, si trattano i tessuti anche quando la struttura ossea presenta una rarefazione severa). 

Si può concludere, quindi, che l’Osteopatia interviene dall’inizio alla fine; infatti è stato scritto dai pionieri di questa medicina: «L’Osteopatia non ha limiti, i limiti sono solo dell’osteopata». 

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 33


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Categorie: Critica al Sistema Sanitario

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