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Occhio al riciclo, ma anche al riuso

- 10/03/2010




Si parla tanto di aumentare gli obiettivi quantitativi e qualitativi di raccolta differenziata e di riciclo, ma molto poco si fa, invece, per implementare l'utilizzo di prodotti fabbricati con i materiali che dal riciclo provengono. Anche quando i cittadini sarebbero disposti, senza problemi, ad utilizzarli.

Secondo la ricerca "Gli Italiani e i materiali riciclati" - realizzata da Ispo per Assobibe, l'associazione nazionale  che rappresenta, tutela e assiste le imprese italiane produttrici di bevande analcoliche - il 73% della popolazione, ovvero 3 Italiani su 4, dichiara che preferirebbe acquistare bevande in bottiglie di plastica riciclata.

Quindi il Pet riciclato usato nel packaging alimentare potrebbe rappresentare una grande opportunità per industria e mercato. Se si considera che l'Italia rappresenta il primo Paese al mondo per consumo (circa 450mila tonnellate all'anno), relativamente al settore del Pet, il vantaggio in termini di risparmio di materia vergine sembrerebbe davvero interessante. Tra l'altro il fatto che il nostro paese sembra aver raggiunto il primo posto in Europa, per la raccolta e la selezione dei contenitori in Pet, la possibilità di riutilizzare il Pet riciclato nel settore alimentare potrebbe dare un significativo stimolo al riciclaggio e allo sbocco alle materie seconde che ne derivano.

Ma in Italia ancora non è possibile farlo, perché ancora non è stato recepito il Regolamento europeo 282/2008 sull'utilizzo del Pet riciclato, il cosiddetto R-PET, nella produzione di contenitori alimentari per liquidi. Il veto sarebbe ancora da parte dell'Istituto Superiore di sanità che non scioglie le riserve riguardo alle caratteristiche del Pet riciclato. Il timore è che essendo per sua natura il Pet un materiale mobile, e quindi soggetto a cessioni, lo possa essere ancor più nel caso che provenga da riciclo di raccolte differenziate. Quindi in Italia,  a differenza di altri paesi europei e non,  non è possibile utilizzarlo per impieghi nel campo del packaging alimentare quindi né produrlo e né importarlo.  

«L'utilizzo di R-Pet - dice il Direttore di Assobibe, David Dabiankov - non solo contribuirebbe significativamente alla riduzione dell'impatto complessivo dei cicli produttivi associati alla nostra industria, ma offrirebbe anche la possibilità di incrementare e sostenere il ciclo virtuoso della raccolta differenziata e del recupero degli imballaggi».

Altri paesi europei, quali Gran Bretagna e Germania, già lo fanno e le loro esperienze positive segnalano che il R-pet potrebbe rappresentare uno strumento fondamentale per ridurre l'impatto ambientale del settore alimentare che, sin termini di gas serra -secondo le stime più recenti - contribuisce al 19% delle emissioni totali su scala nazionale, ovvero 104 milioni di tonnellate di CO2, e  il 13% di queste emissioni  è associato proprio al packaging.

Invece ogni chilogrammo di R-Pet permetterebbe di risparmiare 1,7 kg. di petrolio equivalente con emissioni di CO2 pari a circa il 60% in meno rispetto al Pet vergine.   

A questi vantaggi si devono poi aggiungere quelli che ne deriverebbero in termini di risparmio energetico e di materie prime vergini con un duplice effetto positivo: sul prezzo del materiale Pet (circa il 10-30% in meno del materiale vergine) e sulla bolletta energetica nazionale.

Ma vediamo da vicino cosa è emerso dall'indagine fatta da Ispo.

Su un campione di 800 intervistati, il 73% si dichiara disponibile ad acquistare bevande in bottiglie di plastica riciclata, compreso il 75% di chi crede siano care. Da cui si ricava che la percezione del prezzo è poco influente sulla decisione d'acquisto.

Nel 73% disponibili all'acquisto, i più propensi  sono i lavoratori in proprio (89%), dotati di istruzione superiore (83%) e che risiedono nel nord-ovest. I meno propensi invece i pensionati (61%) con licenza elementare/media (67%) di sud e isole (69%).

Riguardo alle caratteristiche positive e di qualità di questi contenitori il campione intervistato non sembra avere dubbi: le bottiglie in R-Pet vengono percepite come resistenti dal 76%,  igieniche dal 68%, mentre il 62% dà molta enfasi alle caratteristiche di sostenibilità del prodotto.

Tra chi ritiene che l'igiene sia la caratteristica più motivante al momento di dover scegliere il prodotto, il Rpet è considerato dotato di questa qualità nell'84% del campione che dunque  lo acquisterebbe. L'83% per la sostenibilità (83%) e resistenza (78%), il 90% ritiene che i benefici attesi dal riciclo del Pet siano soprattutto di tipo ambientale, l'89% crede possano essere di natura economica e l'82% di tipo sociale.

Complessivamente, il 57% della popolazione ritiene che i benefici di questa pratica siano superiori ai costi, a fronte di un 23% che è convinto del contrario e un 20% che non ha un'opinione in merito.

Alla domanda su quali possano essere gli ostacoli principali alla diffusione di una reale cultura del riciclo, il campione ha individuato come responsabilità primaria (61%) quella del governo e di una carenza legislativa in tema di promozione del riciclo, seguita dai privati cittadini (53%) e dalle aziende (36%). E la fiducia nel governo come garante della sicurezza cresce nelle regioni del Sud Italia e decresce al crescere del titolo di studio.

Nell'individuazione, infine,  di un garante per la sicurezza dei prodotti riciclati, il 40% crede che debba farsene carico il governo, il 31% un ente terzo, il 21% le aziende e il 7% auspica un concorso dei tre soggetti individuati. Ma per il pet riciclato, almeno al momento, purtroppo non serve.


Lucia Venturi


Testo tratto da greenreport.it

 

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Categorie: Ambiente,Emergenza Rifiuti





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