Nascere in un Nido
Il 19 settembre scorso si è inaugurata a Bologna la prima casa di maternità in Italia, a norma con le direttive europee. La struttura ha come obiettivo l’assistenza lungo tutto il percorso della gravidanza, dal concepimento sino al primo anno di vita
Valerio Pignatta e Marianna Gualazzi - 20/02/2009
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Il seguente articolo è tratto dalla rivista Consapevole 17 ottobre/dicembre 2008.
Il 19 settembre scorso si è inaugurata a Bologna la prima casa di maternità in Italia, a norma con le direttive europee. La struttura ha come obiettivo l’assistenza lungo tutto il percorso della gravidanza, dal concepimento sino al primo anno di vita del bambino, il tutto all’insegna della de-medicalizzazione, della de-ospedalizzazione e della riscoperta del sapere e dell’arte ostetricia.
Abbiamo intervistato Monica Padovani, ostetrica fondatrice dell’Associazione Il Nido che ha dato vita alla casa, per fare il punto della situazione su questo progetto.
Dopo vent’anni di attività l’associazione “Il Nido” di Bologna – attiva nell’ambito del parto a domicilio e dell’educazione alla nascita in senso naturale – è riuscita nell’intento di fondare la prima casa di maternità in Italia. Ci potresti riassumere brevemente di cosa si tratta?
La casa di maternità è nata con lo scopo di creare uno spazio in cui le donne, durate tutto il corso della gravidanza, del parto e del post-parto, possano trovare un centro in cui essere accolte, ascoltate e accompagnate. Pensiamo che il parto non sia un fatto esclusivamente meccanico che si riduce al periodo espulsivo, ma lo consideriamo un evento sociale di forte impatto: per questo scegliamo di accompagnare la donna attraverso tutte le tappe di questo percorso dalle mille sfaccettature e valenze.
La casa di maternità “Il Nido” è sorta in una zona molto bella di Bologna (il quartiere Navile), un quartiere popolare, ricco di zone verdi, molto attivo sotto diversi punti di vista. La Casa Maternità si trova in una struttura che ospita al piano inferiore la sede dell’Associazione, le palestre, gli ambulatori e la biblioteca; al piano superiore si trovano gli spazi attrezzati per il parto: abbiamo due stanze, una con vasca e l’altra con doccia, in cui le mamme possono venire dall’inizio del loro travaglio, ovvero dall’inizio delle contrazioni. Le mamme ci contattano e noi ostetriche ci facciamo trovare sul posto: le mamme rimangono in casa di maternità per tutta la durata del parto e del post parto, generalmente fino a 24 ore dopo la nascita. La casa di maternità accoglie quelle donne che non si sentono totalmente pronte per l’esperienza del parto in casa oppure coloro che inizialmente avevano l’idea di partorire a casa ma che, per ragioni logistiche – ad esempio, presenza di altri bambini piccoli a casa, domicilio molto lontano dall’ospedale oppure in un condominio – si sentono meglio “contenute” in un luogo come la casa di maternità. La modalità di parto in casa di maternità trova gradimento soprattutto tra i futuri padri, spesso restii e spaventati all’idea del parto in ambiente domestico.
Quanti parti annui prevedete possa accogliere la struttura?
In un anno pensiamo di riuscire a garantire 150 parti. La casa maternità è aperta a tutte le donne dell’Emilia Romagna, a questo proposito è molto importante ricordare che nella nostra regione c’è una legge che aiuta le donne a sostenere le spese del parto in casa o del parto in casa di maternità, dato che non sono a totale carico dell’Azienda sanitaria locale.
Noi come ostetriche de “Il Nido” assistiamo la donna in tutto il suo percorso e la assecondiamo nelle sue decisioni: sia che la donna decida di partorire presso il proprio domicilio, sia che scelga la casa di maternità, sia che desideri partorire in ospedale. Non è giusto obbligare le donne a partorire dove vogliono le ostetriche: alla fine la donna compie la sua scelta e in questo deve essere rispettata. Chiaramente in casa di maternità possono partorire solo donne con gravidanza fisiologica, così come definita dal protocollo internazionale Klostermann. Una gravidanza patologica – ad esempio quando la donna presenta pressione alta, quando il bambino si trova in posizione podalica, o nel caso di parti gemellari – non può essere effettuata né presso il proprio domicilio, né in casa maternità.
Noi seguiamo solo la fisiologia, per cui se durante il travaglio insorgono sintomi di una gravidanza patologica, richiediamo l’immediato trasferimento in ospedale.
Qual è la differenza tra una nascita in casa maternità e una nascita in ospedale?
Nascita in casa maternità significa continuità dell’assistenza e maggiore benessere per la donna e per il bambino, sia in gravidanza che dopo il parto. La donna che partorisce in casa di maternità ha una persona di riferimento che è sempre la stessa: in ospedale si viene accolte da un ostetrica che poi finisce il turno, ne arriva un’altra, e così via, durate tutto il tempo del travaglio. Nella struttura ospedaliera la donna non è mai tranquilla sul piano relazionale perché si trova a doversi confrontare con persone che non conosce, in un momento molto delicato. Per l’ostetrica che lavora in ospedale accade lo stesso, nel senso che è molto faticoso reagire di fronte ad una coppia che non si conosce e di cui non si sa nulla rispetto al percorso della gravidanza. L’ostetrica che lavora nella struttura ospedaliera conosce la donna solo dal punto di vista medico: in ospedale c’è una presa in carico della donna e del parto esclusivamente rispetto agli esami e all’assicurarsi che tutto vada bene.
In casa di maternità, oltre ovviamente alla garanzia degli aspetti relativi al buon andamento del parto dal punto di vista medico, la donna trova un contesto di un certo tipo: non ci sono altri parti in contemporanea, non c’è caos, gente che ruota e che cambia, c’è intimità, c’è l’ostetrica che ti ha seguito durante il corso della gravidanza e che conosci bene.
Il parto avviene nell’intimità: la donna sceglie con chi stare e può decidere se avere al proprio fianco familiari o amici.
Di fronte ai dati sconcertanti dei parti cesarei nel nostro paese (37% contro l'8-10% per esempio dell’Olanda) e alla scelta sempre più ricorrente all’analgesia epidurale come si pone la Casa di Maternità?
Sono scelte che mettono tristezza: non ci si può limitare a dire che nel 2008 non è possibile partorire con dolore perché la moderna scienza medica può darti degli strumenti per eliminarlo. Diventare madre significa anche attraversare questo dolore. L’attesa, la paura, la possibilità di trovare dentro di te delle risorse per superare il dolore: sono tutte situazioni di cui capisci l’importanza molto spesso dopo la nascita del bambino. Non si tratta semplicemente di dolore del corpo, ma di dolore dell’anima. Per una donna diventare madre è una trasformazione talmente grande che c’è bisogno anche di questo. Un grande ostetrico diceva sempre “qual è quell’amore o quella grande soddisfazione che abbiamo avuto nella nostra vita che non è passata attraverso l’esperienza del dolore?”. Se non ci fosse il dolore, il parto non sarebbe neppure un evento così forte nella vita di una donna. Quando le donne scelgono l’epidurale e poi scelgono di allattare il bambino artificialmente mi viene da dire “tanto valeva andarlo a comprare al supermercato”.
Il dolore andrebbe interpretato in chiave diversa: andrebbe visto come qualcosa che ti matura e che ti tira fuori delle risorse talmente grandi che non ti aspettavi di avere. Ecco perché la donna dopo il parto si sente così forte, così onnipotente. Se la donna durante il parto viene lasciata libera di muoversi, di usare l’acqua, di verbalizzare il dolore, questo diviene assolutamente superabile. Certe donne dopo il parto dicono, addirittura, di aver vissuto l’esperienza sessuale più forte della loro vita. Se invece durante il travaglio la donna è obbligata a rimanere a letto – come accade ancora in certi ospedali – con un tracciato sulla pancia, per cui è legata con delle cinghie ad un cardiotocografo, se le viene impedito di usare il bagno e le viene data la “padella”, se si trova ad avere attorno persone che non conosce e che non le possono dare un sostegno emotivo profondo e continuato, è chiaro che il dolore diventa insopportabile. Una donna durante il travaglio ha bisogno di essere costantemente incentivata ed aiutata, contrazione dopo contrazione: nei nostri ospedali attualmente il personale è carente, il numero dei parti è di molto aumentato e le donne sono abbandonate a se stesse. Il dolore non va annullato, va accompagnato: le donne vanno aiutate ad accrescere la propria autostima, vanno sostenute costantemente.
Qual è la diffusione delle case maternità negli altri paesi europei?
In alcuni altri paesi europei la nascita presso le case maternità, in caso di parto fisiologico, è più frequente ed incoraggiata, così come è più frequente rivolgersi ad un ostetrica e non ad un ginecologo durante la gravidanza. In Germania quando la donna rimane incinta si rivolge all’ostetrica: se poi c’è qualcosa che non va, è l’ostetrica che la indirizza dal ginecologo. In Germania ci sono 33 case di maternità, per cui non è una novità che la donna partorisca in un contesto extra-ospedaliero: l’ostetrica è giustamente vista come la figura professionale formata e competente per seguire le donne nella gravidanza fisiologica.
Oltre alla parte medica l’ostetrica da molta importanza alla relazione: cosa che il medico, nella maggior parte dei casi, non fa, limitandosi alla prescrizione degli esami e delle visite. L’ostetrica riesce ad instaurare un rapporto diverso con la donna: quando mi capita di fare una prima visita ad una donna in stato avanzato di gravidanza, spesso mi dice che sono la prima ad averle messo le mani sulla pancia. Il ginecologo le aveva fatto le ecografie, ma non le aveva mai toccato la pancia.
All’estero l’approccio alla gravidanza è maggiormente orientato verso il sapere ostetrico: durante un corso di preparazione al parto ho conosciuto una ragazza olandese che vive a Bologna. Avevo chiesto alle donne in base a quali criteri avessero scelto di partorire in un ospedale piuttosto che in un altro. Tutte rispondevano “perché è vicino a casa, perché ci ha partorito un amica e si è trovata bene”: nessuna di loro aveva fatto un percorso con l’ostetrica. La ragazza olandese, dopo aver ascoltato le risposte delle altre donne, ha commentato che le sembrava assurdo il fatto che le donne italiane – che sono solite avere il “parrucchiere di fiducia”, il “fornaio di fiducia”, il “fioraio di fiducia”, insomma tutta una serie di figure di riferimento di “fiducia” – non avessero, al momento del parto, un’ostetrica di fiducia. Per una donna di una cultura diversa, il nostro approccio di affidare la gravidanza e il parto “a chi c’è c’è” è assurdo e inconcepibile.
Una donna che decide di farsi seguire da un’ostetrica, dove può reperire informazioni utili rispetto ad una figura professionale disposta a seguirla nel percorso della gravidanza e dell’assistenza al parto domiciliare?
C’è il Coordinamento Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio con sede a Varese: tutte le ostetriche che praticano la libera professione al di fuori degli ospedali sono iscritte a questo coordinamento. Rispetto al luogo di residenza della donna si possono trovare elenchi di ostetriche che fanno questo lavoro.
Abbiamo intervistato: Monica Padovani
Monica Padovani è ostetrica libera professionista, da vent’anni si occupa di nascita a domicilio. È fondatrice dell’Associazione “Il Nido” di Bologna.
Associazione culturale “IL NIDO”
Via delle Borre 9, 56?40131 Bologna (BO) ?
tel./fax 051-6350911
www.ilnido.bo.it
info@ilnido.bo.it
Emilia Romagna: rimborso delle spese per chi partorisce in casa
Molte donne non sanno che partorire presso il proprio domicilio, assistite da un ostetrica professionista o partorire presso una casa di maternità è assolutamente legale su tutto il territorio nazionale.
Chiarito questo dubbio preliminare è bene sapere che in alcune regioni, come l’Emilia Romagna e il Piemonte, la maggior parte delle spese per il parto in casa vengono rimborsate.
La legge regionale dell’Emilia Romagna n. 26 dell’11 agosto 1998 ha tra gli obiettivi quello di «favorire la libertà di scelta da parte della donna circa i luoghi dove partorire e circa l’organizzazione assistenziale e sanitaria dell’evento, ferme restando le esigenze primarie della sicurezza e della riduzione dei fattori di rischio ambientali, personali e sanitari incidenti sui tassi di morbilità e mortalità materna e neonatale » e stabilisce che «per le spese inerenti al parto a domicilio, come previsto alla lettera a) del comma 2 dell’art. 4, comprendenti tutte le prestazioni ad esso connesse, dalla presa in carico al termine del puerperio, l’Azienda unità sanitaria locale eroga un rimborso pari all’80% della spesa documentata, per un importo massimo non superiore alla tariffa DRG regionale, prevista per il parto fisiologico senza complicanze, in ospedale di fascia B, in vigore all'atto del pagamento».
Per maggiori informazioni: www.ministerosalute.it.
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Categorie: Alimentazione e salute
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