Intervista a Selene Calloni Williams sul libro Lo Zen e l’Arte della Ribellione
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La protagonista del tuo libro si chiama Arianna: perché hai scelto questo nome? Ha qualcosa in comune con la figlia di Minosse protagonista del mito greco del Minotauro e del labirinto?
RISPOSTA BREVE. L’Arianna del mito è un’immagine portatrice di un tema attuale e importante; certamente ha contribuito ad ispirare il personaggio della ribelle Arianna, la protagonista del libro.
Le vicende di queste due figure rappresentano il grande viaggio dell’anima, la quale deve immergersi nel buio della notte per poter ritrovare se stessa, l’amore, la forza, il coraggio, la visione e tutti gli strumenti necessari al compimento della propria missione nel mondo.
RISPOSTA PIÙ LUNGA. Nel mito greco, Arianna è la figlia del re Minosse, il quale rappresenta la volontà di potere insita nell’uomo. Minosse chiede a Poseidone, dio del mare, un simbolo a testimonianza del suo potere.
Il dio concede a Minosse, come un segno del suo potere, un magnifico toro bianco. L’accordo stabilisce che Minosse debba restituire il toro bianco a Poseidone a mezzo di un sacrificio rituale. Ma il re tradisce il patto: non riconsegna il toro a Poseidone e tenta, anzi, di farne un bue delle proprie mandrie. Da qui prende avvio la tragedia, poiché Poseidone, irato, per punire Minosse, fa sì che sua moglie, Pasifae, si innamori del toro bianco. Pasifae fa costruire una giovenca di legno nella quale si rinchiude per accoppiarsi con il toro. Ne nasce il Minotauro, creatura mostruosa, metà toro e metà uomo.
Minosse fa rinchiudere il Minotauro in un labirinto, ma il mostro chiede il sacrificio di sette ragazzi e sette ragazze ogni anno. Teseo arriva da Atene per porre fine a questo massacro, però non agisce nel modo che piace agli dei.
Infatti, anziché convincere Minosse a restituire il toro bianco, ristabilendo in questo modo l’equilibrio primevo, l’ordine universale, entra nel labirinto per uccidere il Minotauro. E qui entra gioco Arianna, la quale, essendo anch’essa figlia di Pasifae, è sorella del Minotauro. Essere fratello e sorella nel mito significa essere due facce della stessa medaglia, due aspetti della medesima realtà. Il Minotauro rappresenta l’anima selvaggia, l’istinto di Arianna.
La ragazza, separata dal proprio istinto, si innamora di Teseo (che presto risulterà essere l’uomo sbagliato per lei) e lo aiuta nell’impresa a mezzo del famoso filo che gli permette di addentrarsi nel labirinto senza perdere la strada.
Dopo aver ucciso il Minotauro, Teseo fa ritorno ad Atene e porta con sé Arianna, ma due cose molto significative succedono: Poseidone, scatenando un vento potente, manda in mille pezzi le veli della nave di Teseo. Egli deve allora issare la vela nera. Quando suo padre, il re Egeo, vede la nave fare ritorno con la vela nera issata, intende che suo figlio è morto e si uccide, gettandosi in quel mare che prenderà il suo nome. La seconda cosa significativa che accade durante il viaggio di ritorno di Teseo è che, quando la nave si ferma per il riposo dell’equipaggio sulle coste dell’isola di Nasso, Teseo abbandona Arianna e riparte senza di lei.
È qui, sull’isola di Nasso, che avviene la trasformazione della ragazza, la quale, resasi conto dell’accaduto, è costretta a piangere tutte le proprie lacrime. Ma, al culmine della disperazione, Arianna incontra il dio Dioniso. Quest’ultimo, udite le lacrime della ragazza, la raggiunge su un carro trainato da pantere.
Il dio la farà sua sposa e le regalerà un diadema d'oro creato da Efesto che, alla morte di Arianna, lanciato in cielo, andrà a formare la costellazione della Corona Boreale.
Arianna è il simbolo dell’individuo che, separato dal proprio istinto, opera scelte che lo portano in un viaggio nella notte e nell’abbandono. L’anima umana ha bisogno di compiere un viaggio ctonio, un viaggio sotterraneo per poter ritrovare se stessa e ciò che ha perduto.
Il tuo libro disorienta inizialmente il lettore per la labilità e lo sfumato delle coordinate spazio-temporali e sociali in cui si colloca: lo hai strutturato consapevolmente come un mito, una favola senza tempo capace di toccare il cuore di ogni uomo in ogni tempo e luogo?
Un libro che si prefiggeva di accompagnare il lettore in un viaggio di consapevolezza tale per cui egli potesse divenire cosciente dei condizionamenti che lo limitano, scioglierli e liberarsi, non poteva cedere al primo di tutti i parametri della programmazione inconscia: il senso del tempo lineare.
Uno dei più importanti Yoga Sciamanici, lo Yoga del Colofon che si ispira al Libro Tibetano dei morti, insegna che il morente è chiamato a vedere la vita appena trascorsa come un’unica grande immagine complessa, una specie di frattale o ologramma nel quale la complessità è data dal fatto che il tutto è nella parte e la parte è nel tutto.
La mente umana non riesce a vedere l’immagine della vita nella sua totalità e la filtra a poco a poco, creando la sensazione del tempo. Nella morte la mente si spegne e il morente è in grado di riconoscere la reale natura della propria esistenza: essa è immagine, sogno apparizione, un’unica gigantesca immagine complessa.
I protagonisti del mio libro vivono un’avventura che non ha collocazione né di tempo né di spazio: questo è il primo, imprescindibile passo per condurre il lettore oltre i limiti della sua mente e liberarsi in vita.
Chi è il lettore del libro? Ideandolo a quale tipo di uomo e di donna hai pensato?
Agli spiriti liberi, a chi sa scorge nelle difficoltà delle opportunità di crescita, a chi crede che la felicità sia cosa di questo mondo, a chi sa piangere a volte e ridere molto ed è disposto ad amare incondizionatamente.
James Hillman scriveva che: “Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino”. Il grande psicologo americano riteneva che la psicologia dovesse porre le sue basi nell’immaginazione delle persone. Vuoi commentare?
Porre le basi nell’immaginazione è fondarsi sull’anima. L’anima, infatti, è l’atto stesso dell’immaginare, è la volontà di amare, di darsi e di creare oltre se stessi.
Percepire il mondo come immagine ci riporta in Paradiso. Riuscire a vedere che non abbiamo a che fare con individui distinti e separati da noi, ma con immagini complesse, significa modificare l’intera gamma delle proprie reazioni.
Per esempio, supponi di essere innamorata di qualcuno che ti tradisce. Se sei nella relazione con l’Io, prima o poi finisci per concludere che c’è in te o in lui qualcosa di sbagliato e soffri.
Se invece hai una visione immaginale, comprendi di essere in relazione con una immagine complessa in cui numerose generazioni di avi sono presenti: alcuni sono guerrieri e vogliono forgiare in te la nobiltà del guerriero che ha un ideale che pulsa nel cuore, altri sono nomadi e semplicemente non vogliono che tu ti fermi in quel luogo, con quella persona, in quella relazione affettiva, che magari è carente di qualcosa di importante, altri sono spiriti protettori e ti spingono a vedere oltre quella relazione.
Se sai vedere ciò che ti accade con gli occhi dell’immaginazione allora vedi l’anima, ti senti amata, protetta, e sai per certo che tutto accade per un ottimo fine. Se vedi con gli occhi della mente comune, la quale genera l’impressione della realtà materiale, oggettiva, sei vittima di ciò che ti accade.
La visione immaginale è connessa al pensiero del cuore, ti consente di comprendere che le cose accadono perché hanno un fine e non sono il frutto di cause meccanicistiche. È per mezzo di questa visione che percepisci il mondo spirituale e puoi comprendere la missione della tua anima e realizzarla.
Tale missione era presente anche prima della tua nascita, era la ghianda che ha dato origine all’immagine della tua vita, anzi, è stata la ragione stessa che ti ha voluto in questo mondo, la tua necessità di esserci, di essere manifesto.
Dal momento stesso in cui veniamo al mondo ci viene affiancato un daimon, uno spirito guida, il cui compito è proprio quello di ricordarci incessantemente la missione della nostra anima.
Fondare il proprio pensiero sull’immaginazione aiuta a sentire la voce del daimon perché ci libera dal brusio incessante della mente e del mondo.
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