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Il contadino ribelle che gioca con la natura

Per adottare uno stile di vita naturale basta prendere esempio dalle piante e dagli animali

- 10/02/2014




Nelle Alpi austriache, in una fattoria che si sviluppa su un dislivello che va dai 1100 ai 1500 m di altezza, con una temperatura annuale media di 4,5°C, vive e pratica la sua speciale permacultura un contadino ribelle,

Sepp Holzer

La sua figura è ormai famosa fra tutti gli appassionati di agricoltura biologica e permacultura di tutta Europa e non solo, infatti le sue consulenze vengono richieste anche negli altri continenti, dove ha già avviato progetti un po’ ovunque, dalla Russia al Brasile.

Incontrandolo abbiamo scoperto una persona con una gran saggezza e tanta, tantissima passione.

 

Sepp, quando ha capito che il tipo di agricoltura che stava praticando era qualcosa di speciale? Come è arrivato alla “sua” permacultura?

Diciamo che ho cominciato giocando, quando avevo cinque anni, all’aperto, fra le rocce (sono cresciuto in una fattoria a 1300 m di altezza in una regione alpina che viene chiamata la Siberia austriaca). Noi bambini dovevamo costruirci da soli i nostri giochi.

I miei interessi erano le piante, i semi. Mi piaceva vedere come crescevano e si sviluppavano. E, come bambino, vedere come crescono i propri alberi, le proprie piante, i propri ravanelli e la propria insalata procura un’immensa gioia.

Ho continuato nel tempo a giocare con le piante e i semi, non nell’orto, ma sempre di fuori, fra le rocce. E le mie piante crescevano meglio e più grosse di quelle dell’orto di casa. A scuola lo raccontavo alla maestra e ai miei compagni: alcuni hanno iniziato a venire a vedere e si meravigliavano di come crescessero le mie piante.

Continuando così, col tempo ho creato anche un piccolo laghetto in cui si potevano pescare le trote con le mani. In questo modo ho fatto le mie esperienze, col tempo ho imparato a comunicare con la natura.

Osservando ho imparato anche a risolvere i vari problemi che si presentano. Vedendo ad esempio come gli animali selvatici mi mangiassero le piante, ho imparato a proteggerle piantando loro intorno dei rovi. Ho imparato che le rocce hanno un effetto stufa, e così via.

È un apprendimento continuo,
tutt’oggi continuo a imparare tante cose osservando la natura.

Si apprende comunicando con la natura.

Dopo la scuola ho svolto diversi corsi di specializzazione. E lì ho imparato come si devono potare gli alberi, come si concima, l’utilizzo delle sostanze chimiche e così via.
Quando sono tornato ho applicato quanto avevo imparato nei miei orti e ne ho avuto immensi danni. Gli alberi sono forse cresciuti meglio, ma in inverno poi sono morti per il freddo.

Allora mi hanno detto che non potevo coltivare albicocche o altri alberi da frutta fra le rocce, dopo tutto quella era pur sempre la Siberia austriaca.

Eppure prima quegli alberi crescevano!

Allora iniziai a pensare che avevo imparato delle cose sbagliate. Che non era corretto rendere le piante dipendenti, ma che dovevano crescere in maniera autonoma, in simbiosi con la natura.

Queste cose però non vengono insegnate in nessun libro, bisogna impararle con l’esperienza diretta nella natura. Imparando dalla natura si capisce che tutto può crescere in maniera più semplice, senza prodotti chimici.

Naturalmente, nel processo di apprendimento si fanno degli errori, ma anche così s’impara.

Poi col tempo qualcuno ha iniziato a prestare attenzione a quanto dicevo, ha iniziato a venire gente in fattoria, anche professori universitari, che vi hanno tenuto addirittura seminari.

È interessante quanto racconta, cioè che nei suoi corsi di formazione ha disimparato a rapportarsi con le piante… Com’è possibile?

L’uomo si è perso in alto mare.
In tutti gli ambiti, non solo in agricoltura, ma anche in medicina, in veterinaria…

Ci siamo persi.

Naturalmente ci sono anche aspetti positivi in quanto si apprende nelle scuole e nelle università, non bisogna buttare via tutto.

Ma purtroppo vedo come facciano ricorso alla chimica così tanto e così spesso! Anche quando non ce n’è assolutamente bisogno!

Nella farmacia della natura, invece, si possono imparare così tante cose!
Ma la maggior parte delle persone l’ha disimparato.

Per ogni malattia c’è una pianta, ma non le si conosce più, non ci se ne serve più.
Si può imparare tantissimo dagli animali che vivono liberi in natura, osservando come essi si servano di questa farmacia naturale.

È tremendo quanto sapere e conoscenze riguardo a tante tecniche di lavorazione si stiano perdendo!

L’uomo si serve ormai nei supermercati, non ha orti e per lo più non ha animali, e se ce li ha li tiene rinchiusi. L’allevamento di massa è una catastrofe, potrei raccontare tante cose!

Ma io mostro che c’è un’altra via,

che si possono trattare gli animali con più rispetto.

Che si possono ad esempio sopprimere senza che sentano paura, risparmiando loro la paura. La paura è una catastrofe, è un rilascio incredibile di adrenalina, che è un’eccitante; lo si sa, ma negli allevamenti di massa non viene presa nessuna precauzione, non si ha rispetto dell’animale.

Gli animali hanno un’anima: si può parlare con loro, percepire se si sentono bene o no, ma l’uomo non ha tempo; non ha tempo più neanche per i suoi simili. E ciò conduce a tutti quei comportamenti aggressivi e depressivi che si osservano.

Non ci sono soluzioni al collasso se l’uomo non assume una consapevolezza naturale, se non riesce a immedesimarsi in ciò che si trova di fronte, che sia una pianta o un animale o un altro uomo.

Bisogna collaborare con la natura e non combatterla!

Nell’agricoltura quindi si può trovare una soluzione ai tanti problemi che abbiamo attualmente...

Certo, in poco tempo si può arrivare a vivere bene ovunque. Bisogna però imparare a conoscere la natura.

Non posso praticare ovunque la stessa agricoltura. Devo conoscere il clima del posto in cui ho la terra. La pioggia, le temperature, i venti, la topografia…

Per questo l’uomo ha avuto il dono del pensiero dalla natura,

per comprendere il suo intorno e non per combatterlo.

Con questi presupposti si possono creare terre fertili ovunque, in qualunque posto della Terra. In questo modo l’uomo può essere indipendente; si può persino combattere la fame.

Ma deve imparare a comunicare con la natura, a usarla e non a sfruttarla, deve imparare a gestire le fonti d’acqua, che è la cosa più importante in assoluto.

Certo però che se penso all’Austria, alla Germania, mi viene da pensare che sia facile parlare di gestione dell’acqua.
Forse è più complicato avere acqua a sufficienza nei Paesi più meridionali. Penso alla Spagna, al Portogallo, alla Grecia, ma anche a certe zone d’Italia.

Su tutto il pianeta si può trovare acqua. Bisogna solo pensare “naturalmente” e non normalmente.

Abbiamo acqua a sufficienza in tutto il mondo, negli angoli più desertici della Spagna, in Russia... In Kazakistan, ad esempio, potete osservare un progetto che ho creato per il governo su una superficie di migliaia di ettari.

Ovunque c’è acqua a sufficienza, basta conoscere le risorse della natura: il Sole, il calore, il vento, la neve, la pioggia…

Conoscendo queste caratteristiche posso fare agricoltura ovunque, in Groenlandia come in Brasile. Mi devo adattare alla natura. Devo imparare a leggere nella natura affinché essa lavori per me.

Se si aggiusta la gestione dell’acqua si è fatto il 70% di tutto il lavoro. Si deve avere acqua viva e non acqua morta e inquinata. Bisogna rendersi indipendenti nell’approvvigionamento dell’acqua.

Ma passando da un tipo di agricoltura convenzionale a un’agricoltura naturale, quanto tempo è necessario perché il terreno torni a essere fertile, a essere vivo?

Questo dipende da quanti e quali trattamenti ha subito quel terreno.

Quanto più intensivo è stato l’utilizzo di sostanze chimiche su quel terreno, più tempo ci vorrà per tornare a uno stato di fertilità naturale, in quanto bisogna riportare vita in quel terreno.

Anche la presenza di animali è importante, anche loro svolgono un ruolo fondamentale per creare un buon terreno.

Nel suo libro lei consiglia l’utilizzo di piante “antiche”.

Piante antiche e regionali, o meglio, locali.

Queste, nel corso dei decenni si sono adattate alle condizioni del clima e del terreno. Per cui sono le piante che daranno i frutti migliori.

Sì, ma non ci potrebbe essere un problema di mercato? La gente ormai è abituata ai tipi di frutta e verdura che trova nei supermercati… Che poi sono le stesse quasi ovunque.

Io ho raccolto esperienze in tanti Paesi.

In genere, quando si portano qualità diverse, la gente ride, perché è abituata alla frutta e verdura dei supermercati. Le pere devono essere in un certo modo, le mele e le banane pure, indipendentemente dal Paese in cui ci si trova.

Ma quando poi prova questi altri tipi di frutta, nota subito che hanno un sapore migliore, che mangiandole, lo stomaco si riscalda e ci si sente meglio.

È solo una questione di tempo perché i prodotti in commercio, inquinati e di qualità inferiore facciano insorgere conseguenze sull’organismo: allergie, comportamenti aggressivi e depressivi ecc.

I frutti di piante antiche sono più saporiti e ci fanno stare meglio. Il problema è che molte persone sono già così confuse che non riescono più a percepirlo.

Allora è forse veramente ora che torniamo a pensare “naturalmente”, come questo contadino austriaco che ha imparato a fare agricoltura giocando con la natura.

Sepp Holzer

Sepp Holzer, il ribelle delle Alpi austriache, ha fatto della sua fattoria originaria, Der Krameterhof, che oggi gestisce il figlio Josef Andreas, il più grande esempio in Europa di permacultura applicata in climi temperati.

Oggi con la moglie Veronika ha acquistato una seconda fattoria in Suedburgenland, che gestisce con il metodo della cultura holzeriana.

Per info e contatti: www.seppholzer.at

Simona Empoli

Collabora con il Gruppo Editoriale Macro da qualche anno, in qualità di selezionatrice dei testi e responsabile dell’area copyright. Fra i suoi interessi ci sono i metodi di agricoltura naturale e la permacultura.

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 35


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Categorie: Ecologia e Localismo,Ambiente


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