Faccio il pane e mi arrampico sugli alberi. Piccoli gesti di decrescita, semplicità volotaria e anar
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Spregiudicato: che giudica con assoluta libertà da preconcetti e pregiudizi, che manifesta piena indipendenza di pensiero, di modi, di atteggiamenti. Semplice: privo di decorazioni e ornamenti eccessivi, essenziale. (De Mauro Paravia. Dizionario della lingua italiana).
Sabrina ha 34. È web-designer e sviluppa siti internet. Ma ama anche cucire. Le sue creazioni sono fantasiose e mai uguali: pezzi unici. Lei la chiama sartoria imperfetta.
Anche Andrea ha 34 anni. È un informatico. È anche radioamatore. Ama inoltre andare in bicicletta e camminare in montagna.
Sabrina e Andrea sono una coppia, sono sposati. Vivono in città. A Roma. Hanno due figli: Lorenzopedro e Zeno.
Sabrina e Andrea li ho conosciuti per caso, in una giornata invernale, nel corso di una interminabile navigata in rete. Non ricordo bene da quale link sono entrata nel loro mondo. Mi ricordo però di essermi resa immediatamente conto di aver fatto una bella scoperta.
Sabrina e Andrea sono due persone normali, semplici, qualunque. Sono come io e te. Due persone che, nella quotidianità, sperimentano un modo di vita semplice e spregiudicato. Sembrano gesti minimi, piccole pratiche di consapevolezza e presa di coscienza del fatto che ciò che siamo passa intermente ai nostri figli, alle generazioni future. Fare il pane, costruire i giocattoli per i bambini, cucire, arrampicarsi sugli alberi e stare a contatto con la natura, non guardare la televisione, scegliere cibo biologico e locale, fare parte di un gruppo di acquisto solidale, utilizzare medicine alternative, spostarsi in bicicletta.
Vivere semplice e spregiudicato è il diario virtuale della loro famiglia, che documenta tutto questo e il modo in cui Sabrina e Andrea stanno tentando di crescere i loro figli: in modo sano e sensato.
Li ho contattati, col desiderio di farci raccontare direttamente la loro esperienza di vita, di farla parlare. Sabrina è stata disponibilissima, rispondendo prontamente alle mie domande.
Quando mi sono imbattuta nel vostro sito sono stata colta da una meravigliosa sorpresa: la prima cosa che salta agli occhi è la capacità di comunicare in maniera semplice e diretta esperienze di vita profonde e straordinarie. Si coglie che nella vostra vita c’è stato, ad un certo punto, un cambiamento. Da dove siete partiti e dove siete arrivati? Cosa ha permesso questa trasformazione?
Siamo partiti dall’essere una giovane coppia di Torino trasferita a Roma per lavoro, in carriera, presa dalla mondanità della nuova città e dai nostri hobby personali. Per adesso siamo arrivati ad essere una famiglia vera (abbiamo due bambini di 2 e 4 anni) dove i ruoli (sociali, di coppia, di lavoro) nel tempo si sono definiti, ma sono anche sufficientemente elastici per dare spazio ad entrambi, di non starci stretti.
Ci siamo trasformati nel senso che ci siamo evoluti, ma siamo sempre gli stessi con i nostri pregi e difetti. Accolto in noi un nuovo sentire, nuove emozioni. L’essere padre e madre danno questa grande possibilità all’essere umano, e cogliere la sfida può essere un buon punto di partenza per sentire un nuovo vigore dentro di sé. È una sfida difficile perché vuol dire mettersi in gioco, darsi obiettivi ambiziosi (voglio essere un buon genitore, voglio essere presente ed assiduo con i miei figli, voglio imparare a giocare, voglio osservare e capire i miei figli, voglio essere calmo e paziente). E da tutti questi “voglio” ci parlano di un’autoeducazione della volontà. Ecco forse questa è la chiave.
Cosa significa per una famiglia oggi vivere in maniera semplice e spregiudicata?
Per noi significa aver trovato una strada che ci convince.
Il mio compagno ed io avevamo capito ad un certo punto che c’era qualcosa che non ci convinceva nello stile di vita comune del tipo: vado al supermercato e mio figlio impazzisce perché vuole tutto – soprattutto marche che ha visto in mano ai compagni di scuola o schifezze confezionate – allora io mi arrabbio e lui si mette a piangere. Ma è proprio obbligatorio tutto ciò? Allora per caso abbiamo conosciuto il gruppo di acquisto solidale e abbiamo scoperto che non è obbligatorio far la spesa al supermercato, ci sono anche altre vie.
Oppure abbiamo provato a costruire i giochi invece di comprarli e abbiamo visto i risultati sui nostri figli: sono fieri di noi e orgogliosi di giocare con qualcosa che “ha fatta papà”, e questo da un’immensa gioia. Attraverso il fare (e non il comprare) si trasmette ai bambini un valore importante: la forza creatrice dell’uomo. L’uomo è forte, l’uomo può cambiare il mondo, forgiarlo secondo i suoi bisogni. L’uomo non è un passivo consumatore di merci progettate da altri, ma, al contrario, può soddisfare i suoi bisogni in autonomia se sa come usare le sue mani e ha la forza di volontà, l’entusiasmo e la creatività per farlo.
Come mai è così difficile oggi essere spregiudicati?
Credo che il motivo sia che l’uomo ha un forte bisogno di relazioni sociali, riconoscimento e apprezzamento. L’uomo è un essere sociale, non può vivere isolato. Nel suo fare l’essere umano si mette sotto un riflettore e tutti possono vedere ciò che lui ha fatto. Da qui il modo di dire “come fai sbagli”, oppure “chi non fa non sbaglia”. È molto facile stare fermi e giudicare il prossimo, oppure adeguarsi alla massa (nei consumi, nel modo di educare i figli, nel modo di vivere), nascondersi dietro a ciò che fanno tutti. Più difficile è operare secondo il proprio discernere, perché questo ci espone al giudizio degli altri che spesso ferisce.
Leggi l’intervista nella sua versione integrale sul Consapevole numero 10!
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Articolo tratto dalla rivista nr. 10
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