La cannabis terapeutica
Dalla sclerosi multipla alla terapia del dolore, sono diversi gli ambiti terapeutici in cui questa pianta può trovare impiego
La redazione - 01/06/2016
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È di pochi giorni fa (metà gennaio) la notizia che in Valle d’Aosta sarà consentito l’uso della cannabis terapeutica sui malati di sclerosi multipla e tumore. La notizia ha fatto scalpore eppure già da qualche anno i pazienti con sclerosi multipla in fase avanzata potevano utilizzare uno spray nasale con un principio attivo ricavato dalla cannabis.
Anche la Lombardia ha da pochissimo detto sì alla cannabis terapeutica, ma solo in ospedale e per cinque tipi di patologie. Ma Valle d’Aosta e Lombardia non sono le prime ad adottare misure di questo tipo: già dieci regioni hanno legiferato recentemente sulla materia.
All’ospedale Santa Chiara di Pisa 800 persone malate di sclerosi multipla, Sla, dolori del tumore e neuropatie, come schiacciamento delle vertebre, sono in terapia con farmaci a base di cannabis. Nel reparto guidato dal dottor Paolo Poli si cerca inoltre di allargare la cerchia delle patologie da trattare con la cannabis.
Dato che ogni volta che si parla di cannabis si scatena una diatriba riguardo l’uso di questa sostanza, classificata come stupefacente e il cui consumo è illegale nel nostro Paese, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
La pianta della discordia
La cannabis o canapa fa parte della famiglia delle Cannabaceae. Fin dall’antichità è stata usata per scopi molteplici (le sue fibre sono state impiegate per fare corde, tessuti e carta) compreso anche quello terapeutico come pianta medicinale, almeno fino a quando non è diventata illegale. Essa contiene una serie di sostanze stupefacenti psicoattive chiamate cannabinoidi, che sono in grado di interagire con dei particolari recettori della membrana cellulare (detti appunto recettori cannabinoidi) che si trovano per la maggior parte nelle aree del cervello e che controllano le funzioni cognitive. L’interazione dei cannabinoidi con i recettori sensibili a tali sostanze ha effetti diretti e negativi sul sistema immunitario, sul sistema nervoso centrale e su alcuni organi come fegato, reni e polmoni.
Gli stessi cannabinoidi, però, da anni sono studiati per un impiego in ambiente terapeutico con pazienti in stadio avanzato, in particolar modo di sclerosi multipla e tumore. In uno degli ultimi articoli sull'argomento, pubblicato sulla rivista scientifica «Jama» nel 2015, sono stati tuttavia messi in evidenza gli svariati usi della cannabis terapeutica, che si è dimostrata efficace contro la nausea e il vomito nei pazienti che fanno chemioterapia, per stimolare l’appetito nei malati di AIDS, contro il dolore cronico, per la spasticità nei malati di sclerosi multipla o di paraplegia, ma anche contro la depressione, i disturbi legati all'ansia, i disturbi del sonno, la psicosi, il glaucoma e la sindrome di Tourette.
Benefici ed effetti collaterali
Lo studio, condotto su 6000 pazienti, ha messo in evidenza che, sebbene l’uso della cannabis terapeutica abbia prodotto dei miglioramenti, questi non siano stati così significativi come ci si sarebbe aspettati: un moderato successo si è riscontrato nell’uso dei cannabinoidi per il supporto del trattamento del dolore cronico e della spasticità, bassi risultati sono invece stati ottenuti contro nausea e vomito provocati dalla chemioterapia e nell’aumento di peso nei malati di AIDS. Il miglioramento ottenuto con la cannabis è addirittura leggermente inferiore a quello ottenuto sui pazienti a cui era stato somministrato un placebo. A peggiorare il quadro sono gli effetti collaterali, anche gravi, che l’assunzione di cannabis provoca, come intossicazione, mancanza di coordinazione, giramenti di testa, secchezza della bocca, pressione sanguigna bassa o aumento di battiti cardiaci, euforia e allucinazioni. La sperimentazione però non si ferma qui: nei prossimi mesi dovrebbe anche partire un nuovo studio su circa 80 pazienti malati di sclerosi multipla, ai quali sarà somministrato il succo di cannabis crudo. Di solito la cannabis viene assunta in forma di vaporizzazione o ingestione delle infiorescenze femminili secche. La caratteristica del succo è che il cannabinoide nella pianta fresca, non ancora seccata, rimane inattivo, motivo per cui nello stato naturale la pianta non risulta essere psicoattiva e potrebbe quindi non avere gli effetti collaterali che invece ha una volta che la pianta viene seccata e lavorata. Però è ancora presto per potere fare pronostici di questo tipo.
La criticità dell’uso della cannabis terapeutica sta anche nel reperimento della sostanza, che allo stato attuale è d’importazione: in Italia le coltivazioni sono ancora molto esigue per poter avviare la produzione di farmaci. Un progetto pilota partito in Italia la scorsa primavera, prevede la coltivazione di 100 kg di marijuana a Firenze, da parte dell’Istituto farmaceutico militare. Il primo raccolto dovrebbe essere pronto a breve. Chi decide di sottoporsi a questo tipo di cure, come succede al Santa Chiara di Pisa, paga circa 80 euro al mese per procurarsi i farmaci dall'Olanda, una cifra non esorbitante, anche se gli addetti ai lavori auspicano una produzione di farmaci con cannabis italiana in modo da poter curare i pazienti con costi più bassi.
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Articolo tratto dalla rivista nr. 44
Categorie: Critica al Sistema Sanitario
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