Appunti di ecologia mentale
Perché non pensiamo all’inquinamento del nostro cervello e cominciamo a porvi rimedio? Praticare un po’ di ecologia mentale non è difficile e può avere risultati strabilianti. Possiamo iniziare da qualche piccola mossa strategica...
Redazione del Consapevole - 22/04/2008
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Il seguente articolo è tratto dalla rivista Consapevole 14.
Che cosa ci viene in mente se pensiamo alla parola “inquinamento”? Inquinamento dell’aria, dei fiumi, dei mari, ghiacciai che si sciolgono e foreste che scompaiono, città irrespirabili: il pianeta che muore.
Eppure c’è un inquinamento più sottile e subdolo, i cui effetti sono meno riconoscibili, ma ancora più drastici: è l’inquinamento mentale. Non sono la co2, le nanoparticelle, i gas di scarico, i furani e il mercurio ad inquinarci il cervello, ma i messaggi pubblicitari, i telegiornali, il quaquaraqua della politica.
Pensiamo solo alla miriade di messaggi pubblicitari di cui, ogni giorni, siamo i diretti destinatari e ai quali ci siamo totalmente assuefatti, tanto da non riuscire più neppure ad immaginare un mondo senza spot, insegne e cartelli che ci dicano dove mangiare, cosa comprare, come vestirci, cosa scegliere. Compra una nuova auto, non fare a meno dell’ultimo modello di cellulare, mangia che ti passa, fai merenda con la brioscina, dimagrisci con il beverone iper-proteico, fai sport con le scarpe di marca.
Nel 2005 gli artisti austriaci Christoph Steinbrener e Rainer Dempf hanno dato vita ad una performance molto particolare: in una trafficata via di Vienna ogni forma di comunicazione commerciale è scomparsa. Loghi, cartelli, insegne pubblicitarie e manifesti sono stati coperti, col benestare dei commercianti, da una superficie gialla. Secondo la coppia di artisti un’operazione di questo tipo provoca disorientamento ed horror vacui.
Paura del vuoto: silenzio, spazi incontaminati, poche persone, poche cose da fare. Impigliati nella rete di un’ideologia del “fare di più e avere di più per essere di più”, l’assenza di spaventa: ci terrorizza. «Non c'è niente – scrive Valerio Pignatta in questo numero – è la frase che viene utilizzata normalmente da un abitante di una grande città per descrivere un luogo in cui impera la natura e non vi sono strutture artificiali costruite dall'uomo per scopi di tipo direttamente economico (negozi, ristoranti ecc.) o per l'industria del divertimento e del turismo».
Perché non pensiamo all’inquinamento del nostro cervello e cominciamo a porvi rimedio? Praticare un po’ di ecologia mentale non è difficile e può avere risultati strabilianti. Possiamo iniziare da qualche piccola mossa strategica: se ho ancora la televisione in casa posso pensare di liberarmene e di passare le mie serate leggendo libri, parlando con le persone che sono a tavola con me, invitando degli amici dopo cena per condividere qualche profondissimo pensiero esistenziale o più, semplicemente, per passare qualche ora a sbellicarsi dalle risate ricordando i tempi del liceo. Se proprio mi va male posso pensare anche di farmi una partita a Trivial Pursuit: potrebbe capitarmi una domanda sul WTO, ma almeno avrei spento la “cattiva maestra televisione” – come scriveva Karl Popper il quale auspicava che sulle televisioni ci fosse scritto “tenere fuori della portata dei bambini”: insomma uno che l’aveva capita.
C’è chi sta gia pensando a degli occhiali per difendersi dall'inquinamento visivo dei cartelloni pubblicitari – perché lo spam è ovunque: un’invenzione futuribile e provocatoria che ci auguriamo possa venire presto realizzata!
Un altro trucco eccezionale per disinquinarsi la testa è farsi la seguente domanda: ma deve essere proprio così? Oppure, ma chi l’ha detto? O ancora, ma perché? “Una ripresa della crescita del consumo è fondamentale per il benessere generale” – tuona Mario Draghi alla 48ª Riunione Scientifica Annuale della Società Italiana degli Economisti: ma deve essere proprio così? ma chi l’ha detto? ma perché?
Mettere in discussione la pappa pronta che ci viene servita ogni giorno non è difficile, è anzi divertente perché ci permette di vedere l’assurdo celato nel quotidiano e ci aiuta a trovare vie di uscita originali. Poi, quelli dello status quo, quelli con la ventiquattrore in pelle umana e il micro cellulare sottocutaneo, quelli che hanno studiano alla school of economics di chissàdove, ci diranno che il mondo che stiamo immaginando – quello senza banche, senza debito, senza governanti corrotti, senza ingiustizie, senza cibo Ogm – è utopico. Compatiamoli, i poverini: evidentemente non hanno capacità di visione.
Magari un giorno anche loro riusciranno a spegnere la televisione.
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