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Agrifoglio: bello e utile

Pianta simbolo del Natale, l’agrifoglio non è solo decorativo ma si utilizza anche per numerose ricette di erboristeria casalinga

Grazia Cacciola - 11/12/2014




L’agrifoglio (Ilex aquifolium L.), pianta simbolo dell’inverno e del Natale, è conosciuto per lo più come pianta ornamentale ma trova invece diversi impieghi in erboristeria. Di questa pianta, si utilizzano sia le foglie che la corteccia, quest’ultima raccoglibile tutto l’anno e molto utile in inverno per la sua azione febbrifuga

L’agrifoglio si trova nei boschi delle zone montane e submontane in tutta Italia, sebbene sia più diffuso al Nord e Centro. Si può coltivare facilmente in giardino e, visti i diversi usi, è certamente una buona idea averne uno a disposizione per rifornire la nostra dispensa erboristica. 

La corteccia dell’agrifoglio 

Si può raccogliere tutto l’anno praticando due incisioni anulari e congiungendole con una longitudinale. Da qui si spela il ramo, rendendo possibile una raccolta facile della corteccia. Naturalmente va rimossa solo su rami tagliati, non va tolta da rami che restano attaccati alla pianta perchè la lascerebbero troppo esposta al freddo e ai numerosi patogeni.

Le foglie si raccolgono invece in aprile-maggio, prima della fioritura: vanno raccolte le foglie di un anno, verde scuro, non quelle giovani verde chiaro. Se la pianta è abbastanza grande, si possono raccogliere un paio di foglie per ramo, senza rimuovere interi rami per utilizzarne le foglie.

Sia la corteccia sia le foglie si conservano essiccate in sacchetti di tela. Le foglie contengono ilicina, sostanza con proprietà antifebbrifughe, antireumatiche, antiartritiche e toniche, con azione simile alla caffeina. Sia le foglie sia la corteccia contengono tannini e pectine, che conferiscono ai decotti e tisane il tipico sapore forte e dolce. Non è un caso infatti che il Mate sudamericano sia fatto con piante della stessa famiglia dell’agrifoglio.

Sebbene alcuni vecchi testi di erboristeria consiglino l’uso delle bacche come lassativo, in tempi recenti si è determinato che l’effetto è decisamente troppo forte e tossico, provocando spesso spasmi intestinali e andrebbe quindi evitato. Le bacche usiamole solo per fini ornamentali, mentre come lassativo possiamo utilizzare altri rimedi naturali non tossici.

Decotto di foglie di agrifoglio

Ottimo coadiuvante per la cura di febbre, artrite e reumatismi.

- 100 ml di acqua naturale, meglio se priva di cloro
- 3 gr di foglie di agrifoglio raccolte in marzo-aprile

Mettere in infusione le foglie nell’acqua e portare a ebollizione, lasciando sobbollire per 5 minuti. Filtrare la preparazione e intiepidire in una tazza per qualche minuto prima di berlo. Può essere dolcificato con stevia naturale (non preparati a base di stevia) oppure sciroppo di agave o sciroppo di riso o miele.

Due-tre tazze al giorno. 

Decotto di corteccia per la febbre 

- 100 ml di acqua naturale, meglio se priva di cloro
- 5 g di corteccia di agrifoglio raccolta in qualsiasi periodo dell’anno 

Mettere in infusione le foglie nell’acqua e portare a ebollizione, lasciando sobbollire per 3 minuti. Filtrare la preparazione e intiepidire in una tazza per qualche minuto prima di berlo. Può essere dolcificato con stevia naturale (non preparati a base di stevia) oppure sciroppo di agave o sciroppo di riso o miele.

Due-tre tazze al giorno. 

Tintura di agrifoglio 

Per coadiuvare come febbrifugo negli stati influenzali.

- 20 gr di corteccia di agrifoglio raccolta in qualsiasi periodo dell’anno.
- 100 ml di alcool a 70°

Mettere a macerare, al buio, in un vaso di vetro la corteccia nell’alcol. Trascorsi 10 giorni, filtrare la tintura e utilizzare negli stati febbrili influenzali: 20-30 gocce due volte al giorno. 

Inverno: i lavori nell’orto e nel giardino 

Sembra quasi un controsenso prevedere dei lavori nel momento in cui la natura riposa e sembra suggerirci di fare lo stesso.

Ma i mesi invernali, per chi coltiva orti e giardini, sono i mesi del lavoro a tavolino, della progettazione e degli ordini o scambi di semi per la nuova stagione. Un lavoro da non sottovalutare, per cui non si avrà tempo in primavera e che darà ottimi frutti se fatto con attenzione. 

I frutti invernali dell’orto 

Qualcosa da raccogliere nell’orto ci sarà anche in pieno inverno, anche con i geli, sempre che la neve non copra tutto: le cime di rapa piantate in agosto, corpose verze per cui le gelate sono una cura per diventare ancora più buone e croccanti, le rape che ritrovo anche sotto la neve e il mio amato cavolo nero toscano, per l’immancabile ribollita, un piatto che da secoli scalda la gente di queste montagne fino alla punta delle dita.

E poi c’è da controllare la frutta immagazzinata: ruotare le mele è fondamentale per mantenere sana la scorta, controllare le carote e le patate che non ributtino, girare le pere che saranno le ultime da consumare. 

Le semine in serra 

A gennaio e febbraio, neve permettendo, ricomincerò con le prime semine in serra chiusa: pomodori, peperoni e melanzane.

Proverò anche con le fave direttamente nel terreno, perché ho notato che in montagna non ha tanto successo la pratica di seminarle in autunno per averle in primavera. Forse troppo gelo, fatto sta che le fave non spuntano e ho preso allora l’abitudine di seminarle verso febbraio. Ho delle fave tardive, ma almeno arrivano! 

Un altro lavoro che rimando fino a febbraio-marzo è la potatura degli arbusti a fioritura estiva, che in pianura facevo invece in gennaio.

Un’altra incombenza che tocca in questo nuovo assetto appenninico è il controllo di tutte le bulbose da fiore: avendole sparse anche nell’orto per dare una nota di colore e attirare altri insetti, devo accertarmi che non siano finite tutte in pasto a qualche animale, specialmente gli istrici che ne sono ghiottissimi. 

 

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Articolo tratto dalla rivista nr. 39


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Categorie: Ambiente,Alimentazione e salute

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